Nessun simbolo rappresenta meglio l’epoca vichinga della nave drakkar, la lunga imbarcazione slanciata e affusolata che solcava i mari del Nord, avanzando come un serpente tra le onde. Il termine “drakkar”, pur non attestato nelle fonti vichinghe originali (è una parola francese coniata secoli dopo), è ormai sinonimo di nave vichinga nella cultura popolare. Per i Vichinghi, tuttavia, la nave era più di un mezzo di trasporto: era casa, arma, emblema di status e connessione con gli dei.
Ogni nave raccontava una storia. Le decorazioni, le incisioni, le teste di drago o serpente scolpite sulla prua servivano a incutere timore nei nemici e a proteggere l’equipaggio con poteri apotropaici. La nave era un’estensione dell’uomo vichingo: veloce, letale, resistente, ma anche elegante e armoniosa.
Il cuore della tecnologia navale vichinga era la tecnica "a clinker": le tavole di legno venivano sovrapposte orizzontalmente e inchiodate, formando uno scafo leggero ma flessibile. Questa struttura permetteva alla nave di “respirare” con le onde, assorbendo l’impatto delle mareggiate senza spezzarsi.
Il legno più utilizzato era il rovere, selezionato con cura, spesso proveniente da alberi cresciuti vicino all’acqua per ottenere la curvatura naturale necessaria. Le navi erano costruite con straordinaria precisione: basti pensare che alcune travi venivano modellate dal tronco intero, senza segare e assemblare pezzi separati.
Le navi potevano essere costruite in alcuni mesi da una squadra esperta di artigiani, detti båtbyggere. Ogni villaggio vicino alla costa possedeva le sue maestranze navali, e costruire una nave era un'impresa collettiva, spesso celebrata con cerimonie e offerte agli dei.
Non tutte le navi erano drakkar. I Vichinghi costruivano imbarcazioni diverse a seconda della funzione:
Drakkar (langskip): navi da guerra, lunghe fino a 30 metri, capaci di trasportare 40–60 uomini, tutte armate di scudi e remi. Veloci, leggere e manovrabili, ideali per raid rapidi.
Knarr: navi mercantili, più corte e larghe, usate per il trasporto di merci e bestiame. Potevano attraversare l’Atlantico e portare fino a 20 tonnellate di carico.
Karve: una via di mezzo tra le due, usata per esplorazioni, pesca e viaggi di medio raggio.
Questa varietà dimostra l’adattabilità del popolo nordico, che non solo combatteva, ma navigava, commerciava e colonizzava, spesso con le stesse navi.
Il vero punto di forza delle navi vichinghe era la versatilità. Lo scafo piatto permetteva di navigare anche in acque bassissime, come fiumi e canali interni. In questo modo, le incursioni potevano avvenire anche a centinaia di chilometri dalla costa, colpendo città impreparate, monasteri e villaggi lungo i fiumi Loira, Senna, Tamigi, Reno e Danubio.
Le navi potevano essere trasportate anche via terra su rulli di legno, aggirando ostacoli naturali come rapide o colli. Questa mobilità rese i Vichinghi degli avversari imprevedibili e contribuì al loro successo militare e commerciale.
Per i Vichinghi, la nave era così centrale da accompagnare l’individuo anche nell’aldilà. Le sepolture navali, come quelle trovate a Gokstad e Oseberg in Norvegia, mostrano re e nobildonne sepolti con le loro navi, beni preziosi, animali sacrificati e oggetti rituali.
Secondo il mito, i guerrieri morti in battaglia venivano condotti nel Valhalla su grandi navi celesti. Le navi erano considerate un mezzo sacro per attraversare il confine tra il mondo terreno e quello divino.
L’impatto delle navi vichinghe sulla storia europea è incommensurabile. Esse permisero ai popoli del Nord di spingersi fino alla Russia, al Mar Caspio, all’Islanda, alla Groenlandia e persino al Nord America. La loro tecnologia fu studiata e adattata da altri popoli nel corso dei secoli successivi.
Oggi, repliche fedeli di drakkar solcano ancora i mari durante festival storici e ricostruzioni archeologiche, testimoniando la potenza visionaria di un popolo che fece della navigazione l’anima della propria cultura.